Muri vuoti, sfregiati, cornicioni senza finestre. Portoni chiusi da vecchi lucchetti arrugginiti, che custodiscono stanzoni vuoti e abbandonati. Ci ricordiamo dei resti di storia industriale o bellica solo se qualche fotografo sceglie di riprenderne il decadimento, o quando, periodicamente, discutiamo sulle nuove abitudini giovanili, come il Parkour o il Graffitismo. Non è mai la struttura abbandonata ad essere al centro dell’attenzione, bensì ciò che le avviene intorno: aldilà di queste polemiche, la maggior parte dei cittadini volta lo sguardo ed ignora l’abbandono che ha davanti, definendo semplicemente un edificio in disuso come “inutile” o “vecchio”. Quanto è conveniente continuare ad archiviare le costruzioni dichiarandole “inagibili” e costruendo quindi qualcosa di nuovo, senza provare a renderle nuovamente utilizzabili, magari con uno scopo diverso? In Italia, come in tutti i paesi industrializzati, la strategia del riutilizzo è una necessità impellente. Infatti, nel nostro paese la superficie urbanizzata negli ultimi 50 anni è mediamente moltiplicata di 3,5 volte – quasi 600 mila ettari. Di conseguenza, perseguendo questi ritmi nei prossimi 20 anni il consumo giornaliero di suolo diverrà pari ad oltre 75 ettari al giorno, ovvero 600 mila ettari di nuove superfici impermeabilizzate. Per non arrivare a tali livelli, occorre urgentemente prendere coscienza del cammino che ha portato le comunità ad essere ciò che sono, non dimenticando ma dando il giusto valore ed opportunità al nostro passato, dandogli nuova forma, in modo da renderlo idoneo al momento in cui si trova. In tale direzione sembra che si muovano anche le istituzioni. Infatti, recentemente il Ministero della Difesa ha riconsegnato le caserme dismesse a tre grandi città: Roma, Milano e Torino. I capoluoghi hanno infatti ricevuto complessivamente 1 milione di metri quadri, con l‘impegno di riconvertire gli spazi ad uso civile entro un anno. Riutilizzare è un bisogno – opportunità insito nella comunità contemporanea: tocca a tutti comprenderne l’importante impatto anche sul presente e futuro del nostro pianeta. Riconvertire queste strutture, infatti, vuol dire dare nuove opportunità ad aree marginalizzate, eliminare sacche di disagio sociale e contribuire efficacemente alla crescita sostenibile del luogo in cui viviamo.
Qui trovate un progetto di rigenerazione urbana fatto dalle “Le Giardiniere di Milano” che vuole creare un parco agro-pastorale a Milano.